Parlarsi con le parole di chi può non ricordare, seppur senza dimenticare, e di chi, nonostante, vuole parole che siano tracce di luce, senza parole stridule e bavaglio.
Sentire, ascoltare, partecipare, per volere il dialogo, sempre e solo per costruire fili di comprensione, mai abbastanza stretti tra loro e sovrastare il dolore e i muri e le punte e i baratri, per congiungere e aggiungere e mai spezzare. Testi in diretta, perpendicolari e secchi, quelli postati da Abraham Yehoshua, nel corso dell’intervento a FestivaLetteratura 2019, che puntano certamente a presentare l’indicato logico che suggella il suo ultimo lavoro, ma altrettanto principalmente, depongono e rafforzano ferme intenzioni per un futuro di convivenza rispettosa dei lemmi, delle sintassi delle grammatiche, in cui ci si riconosce appieno. Non confini e non fermagli, ma linguaggi potabili, possibili, ibridi dell’uno e dell’altro, per l’insieme fruttuoso, per un convivere sereno e degno. Parole per Persone, in grado e volontà di ascoltarsi con ricchezza di significati umani. Yehoshua stringe metaforicamente la mano e invita, dalle sue righe, a pensare ancora quanto sia importante il dialogo, veicolo primo di bene.